giovedì 10 dicembre 2009

lavoratori

In Bocconi lavora gente con belle idee. Soprattutto, idee fondate.
Posso finalmente abbandonare il pregiudizio che sia un'università frequentata solo da fichetti destroidi sfondati di danaro e moderatamente ottusi, inamidati o in tacco a spillo.

Da qui, Maurizio Del Conte, professore associato di diritto del lavoro alla Bocconi

Da più parti si sono ricercate nella esperienza americana della Grande Depressione indicazioni utili per affrontare la crisi attuale. Allora, la fondamentale intuizione di Franklin Delano Roosevelt fu che, per ridare fiducia alle imprese, riportare i lavoratori nelle fabbriche e far ripartire il paese, fosse necessario riequilibrare il patto sociale americano, messo in crisi da un ormai insostenibile sbilanciamento di potere e ricchezza fra capitale e lavoro.

Nello spirito del New Deal, nel 1935 il Congresso degli Stati Uniti varò il National labor relations act, una legge che, lungi dal rimettere allo stato il controllo sul mercato del lavoro, si limitava a sostenere una più libera ed efficace azione sindacale: il mercato ritrovava, in tal modo, i suoi veri protagonisti e, quindi, si riavvicinava alla società, favorendo così una lunga fase di prosperità.

Da 1935 ad oggi è cambiato il mondo, ma le esigenze di uno sviluppo economico socialmente sostenibile sono rimaste le stesse di allora. Non è un caso che la nuova amministrazione americana si sia impegnata a varare l’Employee Free Choice Act, una legge che rilancia il ruolo del sindacato, il cui progressivo declino ha fatto venire meno ogni forma di controllo sociale nella creazione e nella redistribuzione della ricchezza.

Così, mentre negli Stati Uniti si punta a uscire dalla crisi richiamando pragmaticamente le parti sociali a maggiori responsabilità, in Italia si continua a profondere risorse e tempo prezioso nell’affannosa ricerca di una improbabile “legge ideale” che, per mano dello stato, risolva graziosamente i problemi del lavoro.

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